Ricevo spesso e-mail da parte di donne che desiderano diventare suore perché si sentono attrarre da Dio alla vita religiosa. Ecco alcune informazioni che potrebbero essere utili alle numerose lettrici di questo sito.


- Qual è l'età massima per diventare suora?

- Certi istituti religiosi accettano vocazioni di donne che hanno al massimo 35-40 anni, ma ci sono alcuni istituti che accettano vocazioni anche di donne che hanno superato i 40 anni.

- È necessario avere il diploma o la laurea?

- No, non è necessario.

- Per diventare suora bisogna pagare dei soldi?

- No, non bisogna pagare nulla.

- Le donne che non sono più vergini possono diventare suore?


- Sì, Dio può donare la vocazione religiosa anche a una donna che non è più vergine. Ad esempio Santa Rita, pur non essendo più vergine (infatti ebbe dei figli), divenne ugualmente monaca.


- Avere la vocazione religiosa è una cosa bella?


- È un dono meraviglioso di Dio! Le donne più felici che ho conosciuto nella mia vita sono le suore appartenenti a buoni istituti religiosi, cioè quelli in cui si vive fervorosamente e in maniera davvero religiosa.

- Che requisiti bisogna avere per diventare suora?

- Il requisito principale è uno: avere la vocazione. Inoltre bisogna essere sane di mente. Alcuni istituti accettano anche vocazioni di donne che hanno una salute gracile (purché siano sane di mente).

- Come si fa a capire se si ha la vocazione?

- In genere si valutano le intenzioni: se una donna vuole diventare suora per vivere più unita a Gesù, vivere in maniera più profonda il Vangelo, dedicare più tempo alla preghiera, salvarsi più facilmente l'anima, salvare le anime di altre persone con l'apostolato e la preghiera, aiutare i bisognosi, ecc., costei dimostra di avere dei tipici segni di una vera vocazione.

- Se una donna sente di avere la vocazione matrimoniale, ma vorrebbe entrare in convento solo perché non riesce a trovare un marito profondamente cristiano, che cosa potrebbe fare?

- Per entrare in convento è necessario avere la vocazione religiosa. Coloro che invece sentono di avere la vocazione matrimoniale dovrebbero pregare il Signore affinché possano trovare un uomo davvero cristiano da sposare (ad esempio un uomo interiormente simile a San Luigi Martin, il papà di Santa Teresa di Lisieux). Le donne che sentono nel proprio cuore di avere la vocazione matrimoniale, ma non riescono a trovare un fidanzato cristiano, possono leggere il seguente annuncio di un uomo che sta cercando una moglie davvero fedele agli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Cliccare qui per leggere l'annuncio.

- Conosci qualche buon istituto religioso da poter valutare?

- Sì, questo: http://vocazione-religiosa.blogspot.it/2012/07/servidoras.html

- Puoi consigliarmi qualche buon monastero di clausura?

- Sì, ad esempio questo: 
https://vocazione-religiosa.blogspot.com/2017/12/suore-di-clausura-di-rosano-firenze.html

- Se una persona sa di non avere vocazione, ma vuole trovare un luogo sereno in cui vivere cristianamente, cosa può fare?

- In questo caso consiglio di valutare soluzioni alternative. La mia speranza è che possano sorgere delle buone comunità cristiane di fedeli laici. 

- Che cosa bisogna fare per diventare suora?

- Bisogna contattare qualche buon istituto religioso e dire  alle suore che volete fare “discernimento vocazionale”, e loro vi aiuteranno a capire se Gesù desidera che voi diventiate suore.

- Che cos'è un'esperienza vocazionale?

- Fare un'esperienza vocazionale significa trascorrere alcuni giorni in un convento o in un monastero assieme alle suore. In questo modo una donna può vedere se è portata per la vita religiosa.

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giovedì 1 dicembre 2016

Da Pannella al monastero di clausura

C'è un monastero di clausura che è stato "preso d'assalto" da numerose lettrici del mio blog vocazionale, le quali hanno abbracciato la vita monastica. Le conosco tutte personalmente e ho potuto constatare che sono persone molto innamorate di Dio. Un giorno, da dietro le grate del parlatorio, una di loro mi ha raccontato che prima della sua conversione era una ragazza atea e mondana, e addirittura era una militante del Partito Radicale di Marco Pannella ed Emma Bonino.

Dopo la sua vestizione religiosa mi ha scritto per ringraziarmi di averle fatto conoscere monastero in cui è entrata. Ecco la mia risposta. 



Rev.ma suor (...), ricambio volentieri gli auguri!

Il giorno della tua vestizione religiosa rappresenta una data storica per il vostro plurisecolare monastero. Dopo circa mezzo secolo di siccità vocazionale, finalmente nelle antiche mura monastiche è tornato a svolazzare il velo bianco da novizia! Il primo di una lunga serie, visto il numero di postulanti.

Ho apprezzato molto il nome religioso che ti è stato imposto, mi piace sia per l'aspetto mariano (la Madonna è Regina di tutte le Vittorie del Chiesa, tra cui la fulgida vittoria di Lepanto, quando venne impedita l'invasione turca) sia per l'aspetto cristologico. Il grande Papa Pio XI istituì la Solennità di Cristo Re in opposizione al laicismo dilagante. A tal proposito promulgò la splendida Enciclica "Quas primas", nella quale, oltre a mettere in guardia i fedeli dal pericolo rappresentato dal pestilenziale e funesto laicismo, spiegò magistralmente che Cristo è davvero il Re dell'universo.

Nel vostro monastero sta fiorendo una giovane comunità monastica (l'età media è una delle più basse d'Italia) che nei prossimi decenni dovrà tenere alto il vessillo della spiritualità del vostro glorioso Ordine.

Sono davvero contento della tua conversione e della successiva vocazione religiosa. Se sarai perseverante, in Cielo sarai uno dei trofei più belli dell'infinita misericordia di Dio: da militante del Partito Radicale di Marco Pannella a suora di clausura! Davvero un bel colpo inferto dal Redentore Divino all'armata laicista!

Quando vivevi nel mondo, chissà quante ragazze invidiavano i tuoi successi (varie lauree, mostre di quadri, vita mondana, eccetera). Ma per grazia di Dio hai compreso che su questa Terra siamo solo di passaggio per breve tempo, la nostra vera Patria è in Cielo, e che tutto quaggiù è vanità delle vanità fuorché amare e servire Dio solo.

Il Redentore Divino è stato tanto buono con te chiamandoti ad abbracciare la vita consacrata e a divenire sua sposa, ma adesso per riconoscenza sei obbligata ad amarlo assai. Troppo grande sarebbe l'ingratitudine di una suora di clausura se amasse poco Gesù Cristo, conducendo una vita tiepida e rilassata.

Chissà quante ragazze più buone di te sono rimaste nel mondo, in mezzo a tanti pericoli di dannarsi, mentre tu hai avuto il privilegio di entrare in un monastero di clausura, dove sarà molto più facile per te amare Dio con cuore indiviso e salvarti l'anima. Tutti i cristiani hanno il dovere di tendere alla santità, ma i religiosi hanno un obbligo speciale di ricercare la perfezione cristiana, anche perché non hanno scuse, non avendo le attenuanti che hanno i fedeli laici. Lo so bene che anche in monastero si possono affrontare dei periodi di difficoltà (aridità di spirito, scrupoli, tiepidezza, ecc.), ma con l'aiuto di Dio e l'intercessione della Madonna si possono vincere tutte le battaglie spirituali.

Non lasciarti mai irretire dalle difficoltà del combattimento spirituale che devono affrontare tutti coloro che sono attratti dall'ascetica e tendono alla perfezione critiana. Ricordati che maggiori saranno le difficoltà, più bella sarà la vittoria!

Ti saluto cordialmente in Cordibus Iesu et Mariae.

Cordialiter

mercoledì 2 novembre 2016

Il dono della vocazione

Pubblico alcuni brani di una lettera che mi ha scritto una ragazza veneta, lettrice del mio blog sulla vocazione religiosa.


Caro D.,
                  è da molto che non ci sentiamo, spero di non averti tenuto in pensiero.

Non ho ancora trovato mia strada, ma non mi sono persa: continuo a camminare, seppur con qualche difficoltà, nella via del Signore.

[…] Ho riflettuto e tutto ciò che ora desidero è che sia fatta la perfetta volontà di Dio su di me, qualunque essa sia!

Prego perché il Signore mi doni il dono della vocazione fermo restando che solo Lui sa ciò che è meglio per me!

Un augurio e un grazie sincero per le tue preghiere.  Un grazie speciale per il tuo blog che mi incoraggia a proseguire nel cammino!

(Lettera firmata)

lunedì 29 agosto 2016

Mezzi per conoscere la propria vocazione

Mezzi per conoscere la propria vocazione

1 - La preghiera

Il precetto della preghiera è universale, e ci impone l’obbligo di chiedere a Dio tutti i beni spirituali e temporali di cui abbiamo bisogno. […] Inoltre,siccome la nostra vocazione altro non è che il desiderio che Dio ha di vederci scegliere un tale stato di vita, piuttosto che un altro, è chiaro che ciò non può essere conosciuto che da Dio solo e da coloro i quali si compiace di manifestarlo. Perciò se noi pure vogliamo conoscerlo […] dobbiamo chiedere a lui la grazia con fervorose preghiere. Dobbiamo incoraggiarci a farlo considerando che siamo certi di veder esaudite le nostre preghiere. […] La ragione ci dice che Dio non può esigere da noi un atto inutile. Pertanto, siccome Dio ci ordina di pregare per conoscere la nostra vocazione, dobbiamo essere certi che questa preghiera otterrà il suo scopo. […] Cominceremo col dire che questa preghiera deve avere le qualità ordinarie e necessarie a tutte le preghiere, perché siano buone ed efficaci, cioè: rispetto, attenzione, umiltà,  confidenza e perseveranza, ed essere presentata alla divina Maestà in nome dei meriti di Gesù Cristo, della SS. Vergine e dei Santi. Ma la importanza di questa grazia e la sua stessa natura esigono che sia domandata con cuore ben puro, in una solitudine interiore più perfetta che sia possibile, e con una totale e santa indifferenza.[…] Siccome, senza una grande purità di cuore, la giovane non può essere accetta al Dio tre volte santo, chiederebbe inutilmente di essere illuminata sulla sua vocazione se prima non cercasse di purificarsi. Dio non comunica alle anime macchiate, mentre invece conversa familiarmente con quelle che sono semplici ed innocenti. Inoltre le passioni che occupano la parte inferiore dell’anima, formano come una densa nebbia, che sollevandosi verso la parte superiore, offusca lo sguardo dell’intelletto e gli impedisce ben sovente di essere illuminata dai raggi della fede. […] La solitudine interiore non è meno necessaria della purità del cuore per conoscere la divina chiamata, perché Dio non suol rivelarsi alle giovani mondane. I mille pensieri che si urtano nel loro spirito, i mille desideri che consumano i loro cuori e logorano le forze della loro volontà, la immaginazione sempre irrequieta, e quell’interiore tumulto che regna sempre in esse, soffoca la voce di Dio e non le permette di farsi intendere. […]Nel silenzio e nella solitudine interiore di un’anima purificata, Dio si compiace di far udire la sua voce. […]la santa indifferenza è la terza disposizione specialmente richiesta, e non meno essenziale delle altre due, per l’efficacia di na preghiera che ha uno scopo tanto importante. La giovanetta che brama conoscere la sua vocazione, cioè quel che Dio vuole da lei, deve essere perfettamente disposta ad eseguire questa volontà, appena l’abbia conosciuta, e, come S. Paolo sulla via di Damasco, deve dire con tutta sincerità: Signore che volete che io faccia? Deve dunque serbarsi indifferente ad abbracciare uno stato di vita piuttosto che un altro, appena riconosca esser tale la divina volontà.[…] Si guardi dall’impeto di certi desideri che turbano l’anima, le farebbero prendere i moti della natura per ispirazioni della grazia e la indurrebbero, quasi a sua insaputa, a preferire la propria volontà a quella di Dio. Non diciamo che certe legittime inclinazioni non possano essere indizio di una vera vocazione, né che non sia permesso desiderare di essere chiamate ad uno stato di vita piuttosto che ad un altro; ma queste inclinazioni e questi desideri, se vengono da Dio, non turbano per nulla la santa indifferenza di cui abbiamo parlato, perché, sempre sottomessi al divino volere, sono pronti a cedere al menomo cenno di una volontà contraria. Andremo anche più lungi, e diremo che vi sono certe vocazioni singolari, certi stati di vita più perfetti, che, essendo veri favori del cielo, possono, non solo essere desiderati, ma fino ad un certo punto meritati con atti di virtù e con ardenti preghiere […] Ecco dunque il primo mezzo di cui vorrà servirsi la Figlia di Maria Immacolata per conoscere la sua vocazione: la preghiera; ma una preghiera che parta da un cuore puro, e sappia aspettar nel silenzio del raccoglimento e nella calma della santa indifferenza, la manifestazione della divina volontà. 


2 - La riflessione

E’ dunque assolutamente necessario riflettere prima di prendere una decisione. Ma in qual modo dovrà esercitarsi lo spirito della giovanetta intorno a quest’argomento? Abbiamo detto che in quest’affare altro non deve cercarsi fuorchè di conoscere i disegni della Provvidenza sopra il nostro avvenire. Ora, Iddio per manifestare la sua volontà a questo riguardo, suol servirsi di tre mezzi principali: ispira alla giovane certe inclinazioni, o certe ripugnanze; le dà certe attitudini, ed oppone certi ostacoli all’ adempimento de’ suoi desideri. Dovrà dunque cercare di conoscere con serie riflessioni quali siano le sue inclinazioni o le sue ripugnanze, le attitudini e gli ostacoli. L’inclinazione che si prova per uno stato di vita è spesso indizio di una vera vocazione, poiché la bontà di Dio suole ordinariamente addolcire l’adempimento del dovere, ispirandoci simpatia per esso.[…] nell’ ordine soprannaturale, Nostro Signore ci assicura che “nessuno va a lui se non vi è dolcemente attirato dal Padre suo” (GIOV., VII, 44), cioè che l’obbligo, talora si difficile, di seguir sempre le sue pedate ci è reso più dolce dalle celesti attrattive, di cui la sua grazia circonda la pratica della virtù. Pertanto destinandoci ad un certo stato di vita, Dio spesso si degna attirarvici col rendere dolce ed amabile l’adempimento dei dovei che vi sono annessi, cioè, col darci inclinazione per quello stato di vita a cui ci chiama. Nello stesso modo le ripugnanze che talora si provano per un certo genere di vita, sono generalmente e per le stesse ragioni, un indizio di non esservi chiamati. Diciamo generalmente, poiché queste inclinazioni e queste ripugnanze non sempre vengono da Dio; ovvero, se sono opera sua, talora non ci sono ispirate che per darci occasione di acquistarci maggiori meriti, sacrificando le prime e sormontando generosamente le altre. Le attitudini servono anch’ esse ad illuminarci intorno alla vocazione. Se una persona non ricevette da Dio le qualità fisiche e morali richieste per un dato genere di vita, non vi è certamente chiamata, per quanto possa avervi inclinazione. Infatti, siccome Dio sa proporzionare perfettamente i mezzi al fine, non destina mai un individuo ad esercitare un ufficio, senza dargli nel tempo stesso le attitudini richieste. Quindi non sarebbe ragionevole il dire, per esempio, che una giovane è chiamata ad istruire ed educare la gioventù, se è priva dei talenti e delle disposizioni necessarie per quella missione sì difficile e delicata.- Al contrario, l’attitudine, massime se va congiunta colla inclinazione, è un segno quasi certo della vocazione. […] Ma per quanto sia grande l’inclinazione di una giovane verso uno stato di vita a cui si crede essere chiamata, e per quanto sembri avere le attitudini richieste per quello, avviene talora che ostacoli insormontabili si oppongono all’ adempimento dei suoi desideri. Allora è evidente che Dio non la vuole in quello stato, almeno finchè non siano dissipati gli ostacoli. Questi ostacoli possono provenire dalla opposizione di parenti, superiori, ecc., o possono sorgere all’ improvviso, cagionati dalla morte di qualcuno, dalla perdita di qualche membro, della salute, dei beni di fortuna, ecc.; ma ad ogni modo, niuno di essi può sussistere indipendentemente dalla volontà di Dio, il quale non può essere in contraddizione con se stesso, col volere da noi quello che, per sua permissione, ci divenne assolutamente impossibile. Supponiamo che questi ostacoli siano realmente insuperabili, poiché soltanto in questo caso possono essere indizio di una volontà contraria da parte di Dio. In questo caso, l’anima veramente chiamata, invece di scoraggiarsi, deve accrescere i suoi desideri e correre con più ardore alla conquista delle grazie speciali che Dio le riserva nella sua vocazione e che saranno la ricompensa della sua generosità.


3 - I consigli

Bisogna dunque chiedere consiglio; e la Figlia di Maria Immacolata si farà un dovere di non prendere una determinazione definitiva prima di aver usato questo mezzo. Ma a chi chieder consiglio? ­–Ai parenti?- La questione è molto delicata, e ci sarebbe poter rispondere in modo da contristare nessuno. Tuttavia la verità ci costringe a dire che generalmente i parenti non sono giudici idonei. Spesso per mancanza di educazione cristiana, o per certi pregiudizi, e quasi sempre per un amore alquanto egoista verso i loro figli, non sono capaci di giudicare della loro vocazione e di dare un consiglio che possa essere tenuto come la espressione della volontà di Dio. Quasi sempre, massime se si tratta di lasciare il mondo per una vita più perfetta, i parenti, anche i più cristiani, acciecati dalla loro tenerezza, si oppongono ostinatamente, e talora crudelmente ai desideri dei figli.[…] La Figlia di Maria Immacolata dovrà dunque chiedere i consigli di cui abbisogna alle proprie compagne o a qualche amica fedele? –Noi la esortiamo vivamente ad essere ben avara di simili confidenze. Lo Spirito Santo c’ insegna che “è cosa buona tenere celato il segreto del re” (TOB., XII,7), e i disegni di Dio sopra di noi sono per eccellenza il segreto del Re dei re. Il silenzio, si dice, è l’anima dei grandi affari ed un ottimo mezzo per assicurarne la buona riuscita. Nel nostro caso, un discreto silenzio evita molti ostacoli, previene molte opposizioni, risparmia molte lotte. – Però non condanniamo in modo assoluto una confidenza fatta prudentemente ad una persona amica, atta a comprendere le cose di Dio: si videro talvolta buone e virtuose giovani incoraggiare le loro compagne fra dolorose prove ed aiutarle a seguir la vocazione di cui era stato loro affidato il segreto. –Tuttavia non sono questi i consigli autorevoli che possono far conoscere la divina volontà alla Figlia di Maria Immacolata. Soltanto il ministro di Dio, da lei scelto per confidente dei più intimi segreti dell’anima sua, essendo incaricato dal cielo di dirigerla nella via della salute, può ricevere grazie speciali che gli facciano scoprire on sicurezza la strada in cui deve entrare. Trattandosi dunque della vocazione, dovrà rivolgersi al direttore della sua coscienza, per ricevere savi consigli. Dalle sue labbra , custodi della scienza sacra, raccoglierà la parola luminosa che le farà conoscere la sua via, ed essa potrà considerare quella parola come la vera espressione della volontà divina. Tuttavia quest’oracolo per essere infallibile deve avere due condizioni: la prima è quella ch’ essa abbia scelto bene la sua guida spirituale, e la seconda, che non trascuri nulla di quanto può contribuire a farsi ben conoscere dal proprio direttore. Gli manifesterà pertanto tutte le sue inclinazioni, le sue ripugnanze e le particolarità della sua vita, facendogli parte di tutte le riflessioni di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo e della quale essa stessa dev’ essersi occupata. Inoltre consultando il suo direttore si guarderà bene dal volerlo indurre a decidere in modo conforme al suo desiderio; ma procurerà d’avere una intenzione retta e pura di conoscere la volontà di Dio ed un fermo proposito di conformarvisi generosamente, appena le sarà manifestata. Riceva in queste disposizioni quella parola che viene dal cielo e che deve dar termine a tutte le sue incertezze ed esitazioni. Entri senza timore in quella barchetta che la condurrà certamente al porto fra le tempeste della vita. Vi troverà Gesù che, nell’ amorosa sua Provvidenza, ha già tutto predisposto per una felice traversata, e vuol farsi egli stesso suo compagno di viaggio. Avverrà talora che mentre i flutti irritati minacceranno di sommergere la fragile navicella, egli sembrerà immerso nel sonno; ma il suo cuore essendo sempre vigilante per la salvezza delle anime a lui care, si desterà appena sia pregato, e comandando ai venti e alle tempeste, si farà una gran calma che permetterà di giungere felicemente ai lidi della celeste patria.


(Brano tratto dal Manuale delle figlie di Maria Immacolata dirette dalle figlie della carità, Torino, 1904)

giovedì 28 luglio 2016

Storia di una vocazione

Pubblico una testimonianza di una monaca.

Più volte il mio pensiero era andato a Dio, a Colui da cui tutto proviene e a cui tutto torna ma non c’erano in me tante domande a cui riuscivo a dare risposte, tanti interrogativi e perplessità. La vita con le sue luci effimere mi avvolgeva ed ero attratta dal movimento ammaliante di un procedere consueto fatto di cose “buone: lo studio, la carriera, gli amici, le feste, gli affetti più cari. Ho provato più volte a capire chi fosse il Mistero che avvolgeva la vita e le dava “gusto” ma restava mistero estraneo e non accessibile, sovente era un muro contro cui urtavo e dal quale non traevo alcun sostegno e nel mio cammino, che assumeva le connotazioni della lotta e dell’ostilità, il pensiero dell’Assoluto non produceva conforto. Decisi allora in cuor mio : “Non penserò più a Te, non mi darò pena per la tua esistenza!”

Amante della vita, ero portata naturalmente a coglierne gli aspetti positivi grazie anche all’educazione materna, tuttavia, sentivo un profondo senso di delusione, tristezza e molte perplessità, rispetto alla leggerezza, alla superficialità, alla vacuità che spesso coglievo in persone, e circostanze. In me nasceva l’intolleranza rispetto al sopruso sul debole quando vedevo l’oppresso schiacciato o il povero afflitto dal potente di turno e provavo tanta sofferenza a causa dell’indifferenza di chi restava a guardare. Mi sdegnavo facilmente e invocavo dignità, giustizia. Non mi rassegnavo all’idea che la vita fosse anche questo, che la sofferenza e la brutalità potessero convivere con la perfezione dell’uomo e che non si potesse fare nulla in modo incisivo.

Un incontro decisivo

Coabitavano in me un profondo senso di impotenza e, contemporaneamente, la strana certezza dell’esistenza di “qualcosa” per cui valesse la pena spendersi, vivere e morire. Poi un incontro ha cambiato la mia vita. Ho conosciuto persone che nella loro vicenda esprimevano gli stessi valori che io mi portavo dentro; in loro mi sono pienamente “ritrovata”. Ho creduto nella loro compagnia. Dio è passato attraverso la loro amicizia, i loro volti, le loro parole, i loro gesti e ha parlato alla mia storia. La loro testimonianza era credibile non perché fossero perfetti ma perché fratelli e sorelle profondamente carichi di compassione, di contentezza…, belle persone afferrate da una forza trainante che dava spessore e vigore al loro vivere, un qualcuno che spesso nominavano: Cristo. Affascinata dal loro destino, dal mio intimo sgorgava, con sempre maggior frequenza, questa supplica: “Se tu rendi la vita così, mostrati anche a me”! Se solo Lui si fosse appena mostrato, se si fosse “concesso” anche a me, avrei intrapreso con audacia, speranza, certezza di ristoro, il santo viaggio rinvigorita dalla stessa fede che nutriva di senso e gioia la vita di questi nuovi amici Il loro essere di Dio non si fermava al rito, alla liturgia ma tutto il loro fare era un servire Dio. Vivevano con una tale dedizione, con un tale trasporto ogni circostanza tanto che i dettagli più ordinari, diventavano straordinari. Ero stupita. Una meraviglia nuova inondava la mia persona. Forse Dio stava donando anche a me uno sguardo diverso, capace di cogliere ciò che prima non vedevo? Attraverso la testimonianza concreta di cristiani che si prendevano cura di me esperivo la verità della Parola: “Egli ha cura di voi”. Anch’io desideravo vivere la vita con la stessa ‘intensità che riuscivano a trasmettermi. Certo assistevo anche a momenti di distrazioni, ma erano facezie creaturali, limiti dell’umanità di uomini e donne comunque decisamente impegnate in un cammino, in una salita verso una vetta dagli scenari mozzafiato, incantevoli. Iniziavo ad avvertire che il Monte non mi era indifferente. Comprendevo man mano che, per me, solo uno stile di vita così poteva riempire di senso e qualità i miei giorni.

La lettura del Vangelo

Cercai a casa un vangelo e cominciai a leggere Matteo. La figura di Gesù catturò subito la mia attenzione, ero assetata. ” Chi vuol diventare il più grande si faccia il più piccolo” . E ancora, "Non affannatevi per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini …. A ciascun giorno basta la sua pena." Leggevo e rileggevo poi le pagine di Giovanni come un’ innamorata legge e rilegge le lettere più care dell’amato lontano. Cominciai ad imparare a memoria san Paolo. Percepivo le sue parole rivolte a me, c’era un appello dietro ogni frase esigente, coinvolgente, che afferrava la mia vita. Un fuoco abitava nelle mie ossa e mi vedevo come una dilettante alle prese con una passione appena scoperta, tutta intenta a comprendere come poter acquisire le chiavi per entrare in questo mondo che diventava sempre più parte della mia pelle. Iniziai a studiare la scrittura e i padri. Iniziarono a prendere forma in me le parole del Vangelo “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza“. Era quello che cercavo. Mi sentivo fortemente interpellata a vivere il momento presente con lo sguardo rivolto costantemente a Lui e percepivo la presenza di Dio vicina e reale, personale. Mi ripetevo: “Gesù Cristo è reale, è qui con me, è vero” Tutto mi sembrava straordinariamente concreto, pacificante, essenziale, semplice, accessibile. Il cuore colmo di gioia mi faceva sempre più chiaramente comprendere che anche a me era stato fatto il grande dono di una chiamata dell’Amore, all’amore Unico, totalizzante, indiviso, nonostante la mia piccolezza e fragilità. Intuivo via via che dovevo spogliarmi di molte cose, che la povertà era un atteggiamento fondamentale per vivere nel miglior modo possibile il rapporto con le cose perché potesse trasparire la bellezza e perché questa bellezza mi potesse rimandare a Lui. Scoprivo con stupore e gratitudine, che il Signore non censura niente di te, ti lascia vivere la tua vita dentro una libertà straordinaria, abita pazientemente la tua sete di senso e, con una strategia divina, ti attrae totalmente a sè, ti sceglie per realizzare la sua opera.

Ero felice! Avrei voluto gridare a tutti quanto era accaduto in me, farmi mani, braccia, cuore, gambe per portare a ogni persona il messaggio del Vangelo e costruire accampamenti di pace, spazi di libertà e abitabilità per ogni uomo. Certo mi resi presto conto di quanto fosse difficile accostarsi senza offesa e ferita alla coscienza, alla sensibilità o percezione dell’altro. Capivo inoltre che se Dio avesse voluto, avrebbe potuto “usare” strumenti migliori di “me”. Solo Lui poteva entrare nel cuore dell’altro e dal di dentro muovere e suscitare, sanare e guarire… Lui a me chiedeva un cuore orante, ginocchia piegate, preghiera senza sosta, vita offerta per lodarlo e vivere di Lui solo nel ricordo costante di ogni vivente memore della sua parola: ” Qualunque cosa chiederete nel mio nome, io la faro“.

Iniziai a frequentare il Carmelo.

lunedì 25 luglio 2016

Tu, Indicibile Silenzio

Post scritto da una monaca carmelitana.


Tu, Indicibile Silenzio

Molte volte capita di desiderare che il tempo rallenti la sua maratona, che per un momento si sospendano le consuete occupazioni, che si interrompa il tran tran quotidiano per fermarsi un attimo, guardarsi dentro e guardarsi attorno cercando di trovare il bandolo della matassa della propria vita, della storia in cui si è inseriti cercando di comprendere il senso della propria esistenza in relazione a se stessi, agli altri, a Dio… cercando di trovarsi o ritrovarsi per, progettare, riprogettare o continuare integri e unificati la strada con tutte le sue policromie verso una meta chiara, definita, che dia gioia, certezza, pienezza.

Questi momenti, ricercati con sincerità e onestà, portano il cuore a tracciare una linea di demarcazione netta e precisa: tra i deserti di asfalto che alimentano diffidenza e sfiducia e il riparo ristoratore della quiete di luoghi di raccoglimento e preghiera che dilatano il cuore all’incontro; tra la voracità di parole variopinte da molti bisogni o meccanismi inconsapevoli e il gusto di un silenzio pieno di una Presenza; tra l’esigenza della soddisfazione immediata di emozioni e bisogni e l’ascolto attento e attivo delle proprie mozioni interiori; tra le tante voci e la Voce; tra il consumo di esperienze variegate e di relazioni parziali e la sete di amore pieno e di senso; tra il fare e l’essere; tra la percezione della finitudine, del limite, della debolezza e la sete di compiutezza e Infinito; tra le pratiche religiose e la fede-vita. Sono questi i momenti nei quali, attraverso le circostanze più svariate, la persona intuisce in sé una dimensione costitutiva della propria natura, tante volte trascurata o alimentata poco e male: la dimensione spirituale. Sono i frangenti nei quali si percepisce di essere fatti a immagine e somiglianza di Dio, di nutrire profondamente, consapevoli o no, il bisogno di una luce interiore che dia visibilità alla nostra umanità nella sua pienezza. Sono gli attimi nei quali, consapevoli o no incede, forte, in noi il desiderio di Dio unito alla percettibile ma inspiegabile certezza di essere da Lui, per primo, amati e desiderati.

Rallentare, sospendere, fermarsi allora è già il primo ascolto interiore avvenuto. È la prima risposta. Quando il cuore urge questi momenti sono opportuni e molto utili, giornate di ritiro spirituale durante le quali, un clima di silenzio, di preghiera e la mediazione di una guida spirituale, favoriscono l’incontro con Dio. Giornate condivise nella semplicità e sobrietà con comunità di persone che già hanno collocato il senso della loro esistenza nell’Unico e che giorno per giorno, crescendo nella consapevolezza della loro piccolezza, pochezza, fragilità e del loro peccato, camminano umilmente con Dio ringraziando, offrendo e supplicando. Giornate, di vero deserto, luogo ,cioè , di silenzio e solitudine del cuore, dei sensi, del contesto, dove si può avvertire concretamente la sete di pienezza che solo Dio può dissetare. Giornate nelle quali si auspica una forte esperienza di fede che consenta di riconoscere la presenza di Dio nella vita concreta. Giornate vissute nell’incontro attento, docile, amoroso con la sua Parola, compresa e accolta nel vissuto personale. S. Ignazio di Loyola afferma: “Quello che conta non è il molto sapere ma sentire e gustare interiormente la Parola.”. Giornate vissute come una grande invocazione allo Spirito Santo e con la fiducia nella sua azione capace di suscitare una graduale esperienza di discernimento in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita, alla sequela di Gesù … al compimento della sua volontà.

Riusciti a ritagliare questi momenti preziosi, fatta la scelta di un luogo adeguato, (monasteri, eremi, case di spiritualità…) occorre preparare l’incontro con Dio nel più profondo di se stessi con le disposizione del cuore imprescindibili per vivere intensamente e autenticamente l’esperienza in un clima di preghiera e di ascolto di Dio. Non sono determinate sensazioni avvertite o meno che creano il clima, né ha senso affidarsi all’improvvisazione, o alla voglia momentanea o estemporanea… Occorre trovare il silenzio, anzitutto fisico, contestuale: ambienti dove è consuetudine vivere in solitudine, allontanarsi dai rumori, ridurre all’essenziale le parole. È importante, infatti, che il clima circostante rispetti e favorisca l’impegno della persona a convogliare tutte le proprie “potenze” verso la propria interiorità, verso la propria intimità lì dove, come dice s Agostino: “Dio è più intimo a noi di noi stessi”. Occorre disporsi con cuore generoso facendo un sincero atto di fede nella presenza del Signore, che ci attende dove ci manda e spostare il silenzio esteriore verso il silenzio del cuore, della mente, delle proprie emozioni; sospensione di ansie, preoccupazioni, problemi…. E so-stare , come le api che si sollevano dal fiore solo dopo aver succhiato tutto il nettare, solo dopo aver gustato la fragranza e assorbito tutta l’energia di quel cibo nutriente e saporoso…. Sostare con pazienza, calma e abbandono confidente nella Parola dell’Indicibile Silenzio.

sabato 23 luglio 2016

La chiamata di Gesù

Post scritto da una monaca.


Ognuno di noi può sperimentare la chiamata di Gesù: non c’è nulla di straordinario in questo! Dio ama ciascuno e lo chiama in modo inconfondibile e irripetibile! la vocazione prima ancora di essere un sentimento o un pensiero è un fatto che accade, un incontro che inizia con una certa percezione sulla vita che la fa cogliere come preziosa ai suoi occhi. Sei consapevole che Lui ha cura di te, parla nel profondo e accende l’entusiasmo per la vita. “Egli ci ha amati per primo” ( 1 Gv 4, 19). Un gusto particolare ti porta alla consapevolezza che il Signore è presente e vuole rileggere la tua storia, la tua vita con te, accanto a te. La sua compagnia, la sua Presenza ti lega di più a Lui e cresce dentro l’interesse verso la sua Parola pronunciata sulla tua vita, ti scopri amata e conosciuta per quello che sei, guardata dalla misericordia di Dio e toccata dal suo amore che libera, apre, incammina, “avventura la vita” per dirla con le parole di santa Teresa d’Avila. Desideri allora fermarti con Lui, rimanere con Lui, stare con Lui sul monte, lungo le rive delle tue giornate, presso il torrente Cherit, verso Gerusalemme, percorrendo le strade della Giudea fino a quando ogni pagina della Scrittura, del Vangelo non è ben incisa nei tuoi giorni e la riscopri parte della tua esperienza vitale. Tutto diventa desiderabile perché raggiunto dal suo amore. La ricerca sincera del cammino comporta fatica e passione, ascolto della Parola di Dio e attenzione agli incontri, alla concretezza stessa del vivere. A volte il Signore scompagina i progetti e ha un modo inusitato di raggiungerti. Ma se il tuo cuore è aperto e disponibile, se tieni conto che Lui è imprevedibile, percorrendola puoi scoprire la tua strada, senza stancarti mai di porre domande alla tua vita!

“Ma come scorgiamo che cosa Dio vuole? Non abbiamo bisogno per ciò di profonde meditazioni o di grandi piani. Lo vediamo in ogni cosa, anche la più comune: nell’attimo presente. È anche necessario, talvolta, prendere grandi decisioni o fare piani lungimiranti. Proprio a questo serve l’istante. Noi ci possiamo tenere ben fermi al caso: ciò che appunto in questa situazione è necessario, ciò che appunto ora è mio dovere, questo è il volere di Dio. Se noi lo compiamo, Dio ci guida dall’una all’altra azione. Poiché quell’istante, col suo dovere, è un annuncio di Dio. Se lo ascoltiamo, diventiamo maturi per comprendere ed adempiere il messaggio successivo. Così portiamo a termine, un passo dopo l’altro, l’opera della nostra vita.

Dunque: intendere chiaramente ciò che Dio vuole ora da noi. Rispondergli francamente un energico sì e accingerci risolutamente. Allora saremo lieti. Più volte al giorno, per esempio prima di un lavoro o quando sopraggiunge qualche cosa di nuovo, domandiamoci: che cosa vuole Dio da me? Per poterlo riconoscere, osserviamo ciò che sta proprio davanti a noi. Non cerchiamo ciò che ci conviene o che noi preferiremmo. Ma domandiamoci lealmente: che cosa devo fare ora? A questo dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, e non lasciarci trarre in inganno. Lasciarci trarre in inganno? E da chi? Da noi stessi. Dal capriccio, dalla volubilità, dall’indolenza verso noi stessi. Noi dobbiamo diventare inflessibili. Dobbiamo avere velocità nel vedere ben chiaro come la cosa sta in realtà. Quindi: io devo fare questo ora: Sì, Signore, volentieri. Quest’ultima parola decide tutto, è ciò che importa. Non a malincuore; non perché si deve; non zoppicando e fiacchi; ma volentieri.” (Romano Guardini, Lettere sull’autoformazione, Morcelliana, Brescia 1958) 

Solitamente in Internet sono presenti alcune informazioni che si aggiungono a quelle raccolte da testi più o meno recenti che vanno ad arricchire l’immaginazione su come poter trascorrere la vita in un Monastero. Arriva poi il momento di prendere coraggio e contattare direttamente la realtà che è composta da persone concrete e a volte combatti con la paura paradossale di scoprire che ciò che sognavi può diventare reale. Il confronto con una realtà monastica ti consente di esplorare in profondità il desiderio di stare con il Signore e di vivere per Lui solo.

mercoledì 18 maggio 2016

La clausura

Post scritto da una monaca Carmelitana.


Tra i termini utilizzati per specificare la nostra identità monastica, troviamo spesso l’aggettivo claustrale [dal tardo latino claustràlem o clàustrum (= greco klèitron), ossia serrame, barriera, chiusura, clausura]. È un’accezione con addentellati storici molto antichi, infatti, nonostante che il termine clausura sia stato adoperato dall’epoca medioevale in poi, la sua origine non è un’istituzione di quel periodo ma parte integrante della vita monastica fin dagli inizi del monachesimo. In effetti, il primo decreto riguardante la clausura delle monache – che fu promulgato solo nel 1298 da Papa Bonifacio VIII- era stato preceduto da una lunga e encomiabile esperienza di vita claustrale le cui origini e regole esistevano già nel IV secolo in Egitto e, successivamente, anche in Palestina. Facciamo questo breve accenno, per avviare una semplice condivisione sulla nostra esperienza della clausura che, con le forme proprie della tradizione carmelitana, custodisce e favorisce la fecondità di una vita spesa nel servizio della lode e dell’intercessione. Guardando al percorso storico, si può chiaramente evincere che il linguaggio della legislazione in materia, è stato strettamente correlato ai tempi ma per noi è importante sottolineare i valori spirituali che hanno dato origine e fanno ancora sussistere la clausura: aiutarci a vivere la nostra ricerca di Dio nel silenzio, nella solitudine, nella custodia della vita tesa all’unione con Dio e alla preghiera incessante. “Io stesso – parola del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa(Zac 2,9). La nostra realtà separata fisicamente dal mondo e da quanto potrebbe “dis-trarre” lo spirito, colloca tutta la vita- essere e operare- nel servizio di Dio; ci aiuta a rendere le giornate e ogni nostra azione, anche la più insignificante, esperienza di donazione, di offerta. I contatti sobri e limitati con l’esterno, favoriscono il cammino di unificazione interiore, di purificazione del cuore e consentono di accrescere la comunione con Dio, tra noi e, paradossalmente, col mondo. Afferma don Divo Barsotti: “Non gli avvenimenti straordinari o le occasioni straordinarie ma l’umile vita di ogni giorno è sacramento di Dio”. I segni della clausura, come la grata, il parlatorio, la foresteria, non hanno un valore fine a se stesso ma sono, appunto dei segni esteriori che possono favorire il raccoglimento e il silenzio ma soprattutto indicano il viaggio di ciascuna verso la cella interiore, dove distacco, spoliazione, rinuncia aiutano, sempre più, la vita capace di accogliere generare amore. “…Una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,38). È una via di umiltà, di semplicità, di essenzialità… alternativa radicale ad una mentalità efficientista, orientata alla pratica, al “tutto e subito”, al tornaconto. Una via che inizia da un esodo da se stesse e dal mondo e si svolge nel silenzio, nella preghiera, nella meditazione come continua ricerca di Dio solo. Una via in cui la consacrazione al Signore assorbe tutta la vita. Una strada nella quale si affievolisce e, man mano scompare, la pretesa di vedere o valutare. È una via nascosta e, solo in questo modo, utile al mondo e alle vicende che lo travagliano. Una vita vissuta come silenzioso e schivo appartarsi…un compiere da ferme il nostro viaggio in cerca di Dio nel deserto delle nostre celle, nel silenzio del nostro monastero. È fattiva separazione dalla “mentalità corrente” per un’esistenza nel segno della solitudine, per una vita che privilegia il ritiro da presunzione e supponenza e si concretizza nello stabilirsi nell’esercizio costante della consapevolezza di una Presenza. In questa solitudine, nell’incontro con la Parola, nella preghiera personale, nel lavoro svolto nel silenzio e generalmente da sole, portiamo avanti il lavorio interiore per divenire capax Dei: spogliarci di noi stesse, farci apertura, vuoto, grembo in grado di accogliere la pienezza di Dio. «Si domandò al vecchio: come deve essere il monaco? Egli rispose: secondo me egli dev’essere come solo a Solo». La clausura: il segno, la forma di una vita in cui Gesù sia veramente il Signore, l’unica nostalgia, l’unica beatitudine . Come a Nazareth, nei lunghi anni della vita nascosta di Gesù: Vivere Dio, farsi silenti, scomparire per aprirsi e incontrarlo attraverso una preghiera perenne che non distingue più liturgia e vita e trasfigura ogni istante.